A Bologna, al tempo dei Bentivoglio (fine secolo XV – inizi
secolo XVI), possedere un Libro d’Ore costituiva, per le maggiori
famiglie locali, un vero e proprio vanto, soprattutto dopo che la
presenza in città di un grande artista come Taddeo
Crivelli aveva rinnovato, verso la fine del Quattrocento,
i fasti della miniatura. Un’arte che nei secoli
precedenti aveva avuto grande splendore (come ricorda anche Dante
nella “Divina Commedia”), ma che da qualche tempo languiva.
La realizzazione dei Libri d’Ore, soprattutto dei più preziosi, era
sovente legata a importanti avvenimenti o a ricorrenze particolari,
come matrimoni e alleanze
politiche.
LA FAMIGLIA GHISLIERI
I del Perugino sono
un’antica famiglia bolognese che ebbe poi
ramificazioni in parecchie città italiane.
Tentò spesso di ottenere il primato della città, senza mai
riuscirvi. Anzi, di tanto in tanto i principali membri venivano
espulsi e si rifugiavano altrove.
Un ramo decaduto dei del Perugino, per esempio, trovò riparo nel
contado di Alessandria, dove vide la luce il futuro papa Pio V, che
da bambino faceva il pastore.
IL COMMITTENTE DEL CODICE: BONAPARTE
GHISLIERI
Lo stemma dei del Perugino compare due volte
nel manoscritto – ai fogli 16r e 74v – mentre l’inizio di una
preghiera al foglio 124v suggerisce che il libro sia stato scritto
durante il pontificato di Alessandro VI (1492-1503), o meglio
intorno al 1500.
Il primo proprietario dell’opera, come risulta da un accurato esame
delle lettere apposte accanto al primo stemma di famiglia, fu
Bonaparte del Perugino, eletto senatore a Bologna
dopo l’assassinio del padre Virgilio nel 1523.
Alla data del codice, Bonaparte del Perugino era ancora piuttosto
giovane, il che non esclude che il Libro d’Ore sia stato
commissionato dal padre per farne dono al figlio.


